Periartrite scapolo-omerale: manifestazioni, diagnosi e percorso terapeutico
Le patologie della spalla rappresentano una delle più comuni cause di disabilità funzionale dell’arto superiore nella popolazione adulta, con un significativo impatto socio-economico. La complessità anatomica e biomeccanica di questa articolazione la rende particolarmente vulnerabile a disturbi di varia natura. La medicina riabilitativa ha compiuto notevoli progressi nell’inquadramento e nel trattamento di queste condizioni, evolvendosi verso un approccio sempre più personalizzato e multidisciplinare. La periartrite scapolo-omerale si colloca tra le sindromi dolorose più frequentemente riscontrate nella pratica clinica, richiedendo un’attenta valutazione e una strategia terapeutica integrata per garantire il recupero ottimale della funzionalità articolare.
Periartrite scapolo-omerale: eziologia, diagnosi e quadro clinico
La periartrite scapolo-omerale rappresenta un termine ombrello che comprende diverse condizioni infiammatorie dei tessuti molli della spalla. Questo quadro patologico include specificamente la tendinite della cuffia dei rotatori, la borsite subacromiale, la tendinite calcifica e la capsulite adesiva (o spalla congelata). L’eziologia risulta multifattoriale e comprende traumi acuti, microtraumi ripetuti, sovraccarico funzionale, patologie degenerative ed età avanzata. Fattori predisponenti includono attività lavorative o sportive che richiedono movimenti ripetitivi sopra la testa, posture scorrette mantenute a lungo e disordini metabolici come diabete e ipotiroidismo.
Il quadro clinico si caratterizza principalmente per dolore localizzato alla spalla, spesso con irradiazione al braccio, limitazione dei movimenti articolari e riduzione della forza. Il dolore tipicamente si intensifica durante la notte, compromettendo il riposo sul lato affetto. La sintomatologia evolve gradualmente, passando da una fase acuta dolorosa a una fase di rigidità fino a una possibile fase di recupero funzionale.
La diagnosi si basa su un’accurata anamnesi, esame obiettivo con test specifici (test di Neer, test di Hawkins, test di Jobe) e indagini strumentali. L’ecografia costituisce l’esame di primo livello per la sua accessibilità e non invasività, mentre la risonanza magnetica offre dettagli più precisi sui tessuti molli. In casi selezionati, le radiografie standard possono evidenziare calcificazioni o alterazioni ossee associate.
Il trattamento iniziale prevede riposo funzionale, terapia farmacologica antinfiammatoria e fisioterapia. Le infiltrazioni PRP (Plasma Ricco di Piastrine) rappresentano un’opzione terapeutica innovativa per stimolare la rigenerazione tissutale nei casi di tendinopatia cronica, sfruttando i fattori di crescita contenuti nelle piastrine del paziente stesso. La periartrite scapolo-omerale colpisce prevalentemente soggetti tra i 40 e i 70 anni, con maggiore incidenza nel sesso femminile. La diagnosi precoce risulta fondamentale per prevenire la cronicizzazione e le complicanze associate.
Periartrite scapolo-omerale: approcci infiltrativi e percorso riabilitativo
Il trattamento della periartrite scapolo-omerale prevede un approccio multimodale che integra terapia farmacologica, tecniche infiltrative e riabilitazione. Gli approcci infiltrativi rappresentano un’importante strategia terapeutica, particolarmente efficace nelle fasi acute e subacute della patologia.
Le infiltrazioni intrarticolari sono eseguite inserendo il farmaco direttamente nell’articolazione gleno-omerale, preferibilmente sotto guida ecografica o fluoroscopica per garantire precisione e sicurezza. I farmaci maggiormente utilizzati comprendono corticosteroidi per il potente effetto antinfiammatorio, acido ialuronico per le proprietà viscoelastiche e lubrificanti, e in casi selezionati, anestetici locali per un rapido sollievo dal dolore. Queste infiltrazioni risultano particolarmente indicate nelle fasi iniziali della capsulite adesiva e nelle forme di artrite gleno-omerale.
Le infiltrazioni periarticolari, invece, mirano a ridurre l’infiammazione nei tessuti circostanti l’articolazione come tendini, borse sinoviali e legamenti. Queste tecniche sono praticate nelle zone di massima dolorabilità o in siti anatomici specifici come lo spazio subacromiale, la borsa sottodeltoidea o il tendine del capo lungo del bicipite. Entrambe le procedure richiedono competenze specifiche e conoscenze anatomiche approfondite.
Il percorso riabilitativo costituisce un elemento imprescindibile e si articola in fasi progressive. Inizialmente si focalizza sul controllo del dolore e dell’infiammazione mediante terapie fisiche (TENS, laser, ultrasuoni), proseguendo con il recupero dell’articolarità attraverso mobilizzazioni passive, attive-assistite e attive. Successivamente si lavora sul rinforzo muscolare progressivo, con particolare attenzione ai muscoli stabilizzatori della scapola e alla cuffia dei rotatori.
La terapia manuale, comprensiva di tecniche di rilasciamento miofasciale e massaggio trasverso profondo, contribuisce a ridurre contratture e aderenze. Gli esercizi propriocettivi e di stabilizzazione completano il percorso. La riabilitazione richiede generalmente 2-3 mesi, con variazioni individuali legate all’età, alla gravità della patologia e alla compliance del paziente. La prevenzione delle recidive include l’educazione posturale e l’apprendimento di esercizi di automobilizzazione da eseguire regolarmente.